L’arsenico nell’acqua del carcere Mammagialla di Viterbo è un problema che è stato sottolineato più volte ai vari Ministri della giustizia. La prima interrogazione parlamentare a risposta scritta risale al 12 settembre del 2011, è stata presentata dall’Onorevole dei Radicali Rita Bernardini al Ministro della giustizia e al Ministro della salute. Un lancio dell’agenzia di stampa ANSA del 7 settembre 2011, dava la notizia che nella città di Viterbo vi sarebbe un altissimo contenuto di arsenico nell’acqua, addirittura oltre i 50 mg/litro. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Unione europea (UE) hanno dato indicazioni di ridurre al più presto la soglia massima di arsenico nelle acque erogate per il consumo umano, atteso che l’arsenico è classificato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con molte patologie. Le richieste presentate ai Ministri sono state: quali misure in generale intenda adottare il Governo per la potabilizzazione delle reti idriche; in particolare, cosa intendano fare i Ministri, negli ambiti di loro rispettiva competenza, al fine di sostenere le strutture penitenziarie coinvolte in questa fase emergenziale ed eliminare i problemi dovuti all’acqua avvelenata che esce dai loro rubinetti. Fino al 16 novembre del 2011 è stato Ministro della Giustizia Nitto Francesco Palma successivamente prende il suo posto Paola Severino, mentre Ministri della salute, nelle date indicate, erano Ferruccio Fazio e Renato Balduzzi: nessuno dei quattro ha risposto all’interrogazione della Bernardini.
Nuovo governo e vecchi problemi, l’Onorevole Andrea Colletti, del Movimento 5 stelle, ha presentato un’interrogazione il 29 aprile 2013 per riportare l’attenzione sulla presenza di arsenico nell’acqua nel carcere Mammagialla, ad oggi né il Ministro Anna Maria Cancellieri, meno che mai, il Ministro Beatrice Lorenzin hanno risposto.
Vanda è la madre di un detenuto nel carcere Mammagialla e ha scritto decine di volte a tutti i vari ministri, al Garante dei detenuti, ai presidenti di associazioni sensibili a questi temi per un intervento che potesse risolvere questo grave pericolo per la salute di tutti i detenuti, ma nessuno le ha dato retta. Forse nel carcere di Viterbo non c’è nessun detenuto per il quale valga la pena intervenire?
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