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Archive for febbraio 2013

alessandriaMolti giornali ed anche programmi televisivi si sono occupati del default del comune di Alessandria, ora che i servizi ai cittadini vengono chiusi (non si possono fare le iscrizioni on line nelle scuole, servizio mensa bloccato), i dipendenti messi in ferie forzate è sceso il silenzio. Questo è l’aggiornamento sulla situazione che mi ha inviato un dipendente “Ciao Samanta, ti aggiorno sulla nostra situazione. grazie di tutto.
L’emergenza ASPAL di Alessandria continua. I servizi continuano a restare chiusi. I lavoratori sono stati messi in ferie forzate, senza attivare nessun ammortizzatore sociale. E per chi le ferie le ha esaurite c’è stata la messa in servizio a zero ore senza stipendio e senza contributi. L’Amministrazione Comunale tace.
Da lunedì i lavoratori riuniti in assemblea hanno occupato giorno e notte gli uffici dell’Informagiovani dichiarando uno sciopero ad oltranza fino a lunedì 18 febbraio, giornata in cui si terrà la seconda manifestazione che riunirà dipendenti delle partecipate, cooperative, maestre precarie di nidi e scuole dell’infanzia comunali in Piazza della Libertà, sotto gli uffici del Comune.
La mobilitazione continua. I lavoratori vengono ricevuti e ascoltati da numerosi partiti politici (lista Civica per Monti, Rivoluzione Civile, Partito Democratico, Movimento 5 stelle), nonché dal Vescovo. I cittadini esprimono la loro solidarietà venendoci a trovare all’Informagiovani ed offrendoci cibo, scrivendo lettere di solidarietà alle testate locali, post sui social network su cui siamo presenti e firmando la nostra petizione (già superate le 2000 firme in una città di 90.000 abitanti).
La macchina comunale, conseguentemente allo sciopero, si ferma. Niente posta elettronica, né assistenza su hardware, software e reti telefoniche. Le iscrizioni alle scuole dell’infanzia e ai nidi comunali si fermano, così come le attività di formazione e coordinamento pedagogico. Con l’interruzione della consegna dei generi alimentari alle mense scolastiche, anche la refezione accusa le prime battute di arresto.
Al un tavolo di lavoro per sbloccare la situazione che oggi doveva vedere presenti A.S.P.AL., i sindacati e l’Amministrazione Comunale, quest’ultima, per l’ennesima volta, non si è presentata. Ha fatto la sua comparsa il solo assessore “dissidente” Barberis (l’unico, insieme all’assesore Puleio che si sta facendo carico dei problemi dell’occupazione) che con la sua presenza sottolinea di fatto una profonda spaccatura in Giunta tra chi vuole tutelare servizi e lavoro e i “tagliatori di teste” che stanno procedendo a colpi di mannaia sugli uni e sugli altri.
Sono proprio questi ultimi che si stanno facendo avanti con una proposta irricevibile: cassa integrazione (che forse, viste le diverse tipologie contrattuali non sarà possibile , posto che ci siano i soldi) e contestualmente, proposta di un piano industriale (dopo aver cassato senza motivazione quello proposto al Comune da ASPAL) sul quale c’è un vago impegno a lavorare nei mesi a venire, e che comunque esclude una parte di lavoratori.
È quella che i lavoratori hanno chiamato STRATEGIA DEL T.R.A.. Ovvero, il comune sta tentando su ASPAL la stessa operazione fatta su Teatro Regionale Alessandrino: “Attiviamo oggi gli ammortizzatori sociali, poi ci impegneremo a riflettere, valutare, studiare la vostra situazione per procedere alla riapertura del Teatro”. Risultato: dopo quasi due anni di tira e molla, di indifferenza e immobilismo da parte di DUE amministrazioni di diverso colore politico, 15 persone vedranno terminare la cassa integrazione senza che sia stata data loro nessuna risposta con la drammatica conseguenza della perdita del lavoro!” Stefano Bianco

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ludovici“Non legale, non normale, non regolare, una malattia” sono le parole del consigliere comunale aquilano Giuseppe Ludovici (Api) utilizzate per descrivere l’omosessualità, dopo l’approvazione del registro delle unioni civili. Diciamolo chiaramente, non è farina del suo sacco. La Chiesa si è espressa in passato sull’omosessualità come malattia e allo stesso tempo è sempre stata attenta a non far mai trapelare gli scandali che viveva al suo interno. Forse perché, in realtà, è più che normale per un uomo o una donna del clero  provare attrazione per il sesso opposto o per lo stesso sesso, proprio come accade nella società. Quando si parla di tasse spesso sentiamo dire la frase: “Ce lo chiede l’Europa”, bene, l’Europa ci ha chiesto più volte di regolamentare le unioni civili: già dal 1994 la Comunità Europea ha emanato una risoluzione per la parità dei diritti dei gay e delle lesbiche. Ma l’Italia ritarda, temporeggia: non potrebbe mai creare un dispiacere così immenso al pastore tedesco ed alle varie eminenze. Personaggi come la Binetti (candidata a L’Aquila per queste politiche) vengono messi ad ostacolare la possibilità di poter scegliere se sposarsi in Chiesa, in comune o semplicemente dichiarare di convivere. A causa di un diritto negato si assiste spessissimo a fatti omofobi, razzisti, di estrema violenza, perfino fra adolescenti, perché in questo Paese non esiste la libertà sessuale. L’unico motivo per cui ci si indigna un po’, è per un bacio saffico, perché se un parlamentare  viene trovato con una escort e un po’ di coca, i rappresentati degli scudi crociati giustificano il fatto come causa della solitudine, mancanza della famiglia e non c’è nessun accenno al peccato previsto dal nono comandamento: non desiderar la donna altrui. L’indignazione e lo sfottò invece sono tollerati di fronte ad un presidente di regione che va a trans, in questo caso dalle stanze di San Pietro tuona un immediato richiamo alla moralità. Tornando alle dichiarazioni del consigliere aquilano che, oltre a  sentirsi il convertitore di tutti gli eretici sessuali, si sente un fine giurista, perché, a nostra insaputa, nel nostro ordinamento abbiamo una legge che vieta l’omosessualità.  Fortunatamente la nostra Costituzione, la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo prevedono che non ci possano essere discriminazioni sessuali. E’ chiaro che Ludovici rappresenta un modo di fare politica con la testa rivolta verso il passato e, soprattutto, verso il Vaticano, il Paese non ha bisogno di questa politica ottusa che va contro i diritti inviolabili dell’uomo.

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derivatiUn’altra storia di un’imprenditrice tradita dalla sua banca che le ha fatto sottoscrivere derivati a garanzia del fido. “Inizio dalla fine. Ho una speranza, speranza di farcela, sarà difficile, durissima, ma so che ce la faremo: la mia famiglia, i mie dipendenti ed io. Non so se nel frattempo falliremo, se dovremo continuare a vendere quello che in anni di faticoso, ma anche bel lavoro abbiamo costruito, se dovrò vedere ancora piangere mia madre quando vado a vendere qualche catenina  ai “compro oro”, ma so che alla fine vinceremo, ne sono certa e combatterò per questo fino alla fine.La nostra è un’azienda come tante altre, dove un padre e una madre, ormai quasi ottantenni, a fine anni ‘70 decisero di diventare faticosamente dei piccoli imprenditori. Un’aziendina che nel corso di 35 anni ha dato lavoro a parecchi dipendenti, alcuni dei quali ci seguono dall’inizio.

Poi è arrivato il 2001. Proprio all’inizio dell’anno ricevetti una proposta dalla nostra referente della C.R.T., oggi Unicredit. Erano parecchi anni che eravamo loro correntisti, ma all’epoca non era la nostra banca di riferimento. Purtroppo erano anni che dovevamo far ricorso alle banche, pagando ingenti interessi passivi. Andai nel suo ufficio, ricordo perfettamente dove, e la signora mi propose questo nuovo prodotto che ci avrebbe fatto risparmiare sugli interessi passivi, ma non solo su quelli della CRT, anche su quelli delle altre banche, anzi per risparmiare ancora di più raddoppiò l’importo rispetto all’affidato complessivo.

ERANO DERIVATI!!!

Il resto lo lascio alla Vostra immaginazione, 4 contratti diversi negli anni…… l’ultimo nel 2004 dove un nuovo direttore, di cui non faccio il nome, ma che vorrei vedere alla sbarra, dopo due ore di economia aziendale per insegnarmi come gestire un’azienda per essere conformi a “Basilea 2”, mi “invitava” a firmare il DISASTRO.

Ricordo quando sul c/c il 1° ottobre 2008 (non si è mai avvisati prima dell’importo) furono addebitati più di 28.000,00 euro… e non riuscivamo a pagate gli stipendi…. quanti pianti. Ricordo quando il 1° ottobre 2011 sono stati addebitati oltre 24.000,00…. ero al crollo. Ricordo quando la signora che me li fece firmare, che mi ha seguita per 16 anni, e che ho creduto quasi amica, mi diceva che le spiaceva, e non sapevo i benefit che aveva ricevuto per la mia firma.

Sono anni che voglio ribellarmi, ma come fare? Bisogna avere forza, e non quella interiore, perché di quella ne ho tanta, ma finanziaria e quella purtroppo è scarsa. Poi quest’estate un funzionario, forse solo più degli altri mi ha detto che dovevo farlo. Come? Sono mesi che scrivo e che non danno risposte, no tranne il giorno prima della scadenza dell’ultima rata ho ricevuto la telefonata da parte del mio nuovo referente che verbalmente mi proponeva un saldo e stralcio del debito residuo (circa 30.000,00 euro). Solo per la cronaca ne abbiamo già versati € 140.000,00 nel corso di questi lunghi 12 anni. 140.000,00 + interessi + commissioni +++++

Di coraggio ne ho molto, voglio batterli con tutte le forze che possiedo, in tutte le sedi possibili. Ho iniziato parlando di speranza e vorrei concludere parlando di questo. La speranza l’ho incontrata l’altro giorno, quanto finalmente ho conosciuto un’ imprenditrice che prima di me, coraggiosamente, ha combattuto e vinto questa battaglia. Quando leggo i messaggi in cui mi scrive “ce la faremo” io ne sono certa ed è quello che ho detto alle mie figlie adolescenti, che di questa brutta storia sanno tutto: “CE LA FAREMO””

 

 

 

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defaultNel giugno del 2012 Alessandria è stato il primo comune d’Italia ad essere dichiarato in dissesto finanziario dalla Corte dei Conti  che aveva riscontrato un debito che superava i 100 milioni di euro e la sussistenza di numerose irregolarità ed anomalie nella gestione contabile e finanziaria dell’Ente e rilevava una complessiva situazione di criticità finanziaria. Oggi il conto lo stanno pagando i lavoratori della Pubblica Amministrazione. Stefano Bianco, dipendente del comune, afferma: “Le previsioni più nere si stanno avverando: Alessandria è il primo comune in default con sindaco, assessore al bilancio e ragioniere capo, della passata giunta (di centro destra nda), indagati per gravi reati. Da dieci giorni a questa parte la situazione è degenerata: per risanare il bilancio la nuova giunta di centro sinistra ha iniziato, da un giorno all’altro, a chiudere servizi e a lasciare a casa i lavoratori (che finiscono per pagare abusi e reati commessi da altri). In città il clima è pessimo: si teme l’effetto domino con centinaia di lavoratori delle partecipate prima e dipendenti del Comune poi a casa, senza lavoro e l’apertura di una emergenza economica e sociale. Dopo cinque giorni di presidio sotto il Comune, una manifestazione con corteo, in cui è scesa al nostro fianco la città, da oggi partiremo con l’occupazione a oltranza – almeno nelle intenzioni – degli uffici dell’Informagiovani (uno dei servizi chiusi: principalmente sociali, culturali, educativi e alla persona).”

In questo caso gli amministratori hanno dimostrato l’incapacità di gestire la cosa pubblica per raggiungere il benessere collettivo e chi paga il prezzo più alto sono i cittadini, i lavoratori del comune.

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bnlQuando la tua banca ti fa sottoscrivere un derivato la tua vita comincia a diventare un disastro: il danno sarà grave ed irrimediabile. Lo sa molto bene l’imprenditrice Piera Petrini Levo truffata dall’Unicredit, diretta allora da Alessandro Profumo. Se decidi di non cedere, la battaglia porterà allo stremo. I funzionari non hanno mai colpa, per loro si tratta di un’assicurazione sui fidi, infatti per loro è una garanzia poiché chi sottoscrive nell’80 percento dei casi deve pagare. Cercano di farti desistere, ma Piera, che ho intervistato per l’ebook Imprenditori suicidi , è riuscita a far rinviare a giudizio coloro che la stavano facendo fallire ed ha aperto un blog “disastro derivati”. Ha iniziato a ricevere tante lettere di altri imprenditori ingannati dalle loro banche, stima che siano più di 50.000 i colleghi che hanno sottoscritto contratti derivati. Fra questi cinquantamila c’è Lorenzo, un albergatore di Jesolo. Nel 2006 Lorenzo ha contratto un mutuo con la BNL  per l’importo di 1.000.000,00 di euro. Il 10 maggio andò dal notaio per la delibera del mutuo a 25 anni a tasso variabile (Euribor a sei mesi più l’1,6% di spread) e pensava che l’iter burocratico si fosse concluso. Invece un mese dopo sarà di nuovo dal notaio per l’erogazione del mutuo ed il direttore di banca aveva con sé un contratto che venne presentato come una protezione del finanziamento. Non gli venne consegnata subito una copia del contratto, venne spedita quattro mesi più tardi. Nel 2009 il derivato si manifestò con tutte le sue caratteristiche: Lorenzo doveva pagare un conto semestrale di 15.000 euro. L’uomo voleva spiegazioni e si recò dal direttore che disse: “Chi mai poteva immaginare che gli interessi sarebbero andati così in basso” Dopo qualche settimana Lorenzo tornò in banca per avere maggiori dettagli sul funzionamento del suo derivato, la direttrice non era in grado di fornire spiegazioni e gli fissò un appuntamento con il direttore di zona.  Capì che il suo mutuo era legato ad un “contratto assicurativo” fino alla sua estinzione: ogni anno paga circa 30.000 euro a causa del  derivato bancario “purple collar In&Out”. Secondo la società di consulenza indipendente Norisk l’unica ipotesi di garanzia per l’azienda ci sarebbe nel caso in cui l’Euribor restasse all’interno del range 3,50%-4,50%. Lo swap sottoscritto da Lorenzo è un prodotto che trasforma il mutuo da variabile a fisso in caso di tassi bassi (quando cioè non c’è bisogno di copertura) mentre in caso di rialzo l’Euribor a sei mesi sopra il 4,50% (che rappresenta il momento in cui la copertura dovrebbe dare i suoi effetti positivi) l’azienda torna a pagare un tasso variabile senza un livello massimo.[1] Lorenzo ha provato a rivolgersi ad un legale ma la banca ha rifiutato ogni forma di accordo sentendosi dalla parte della ragione, anche di fronte alla proposta di estinzione del derivato con indebitamento con un’altra banca, oppure quando la quotazione del suo derivato fosse andata giù, ma nessuno lo ha avvisato. Ogni hanno l’importo del mutuo da pagare è di oltre 50.000 euro (interessi più quota capitale), il derivato incide per oltre il 60% e questi sono interessi passivi non deducibili (La parte di interessi passivi che eccede gli interessi attivi e il 30% del ROL è solo temporaneamente indeducibile, infatti tale eccedenza potrà essere dedotta se e nei limiti in cui dovesse trovare capienza negli esercizi successivi, ovverosia qualora gli interessi passivi che eccedono quelli attivi siano inferiori al 30% del ROL, se ciò non accade resta indeducibile)  Mentre per la banca si tratterebbe di transazioni finanziarie, solo oggi vengono tassate al 20%. Quindi l’unica a guadagnarci è la banca. Lorenzo non riesce a comprendere questa sorta di accanimento con la sua attività, con la sua famiglia. Ha scritto ad oltre trenta associazioni ed enti per avere un aiuto. Ha ricevuto risposta solo dall’On. Elio Lannutti  che ha presentato, il suo caso e gli abusi in generale delle banche, nell’assemblea al Senato del 17 aprile del 2012. La banca d’Italia, alla quale Lorenzo aveva espresso il suo disagio, lo ha scaricato dicendo che nel suo caso si tratta di un investimento e deve rivolgersi alla Consob. La banca ti lega, a tua insaputa, ad un prodotto inadeguato, ti manda sul lastrico e non vuole sentire ragioni: chi non ha colpe (il cliente) deve pagare. Lorenzo ha 58 anni, la sua attività non è in perdita ma è una vittima di un derivato e questa potrebbe essere la causa del suo fallimento.


[1] Marcello Frisone, Plus24- Il Sole 24 ore del 24 novembre del 2012

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