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Archive for settembre 2012

In Italia i disoccupati censiti dall’Istat sono 2,7 milioni mentre secondo la Cgil oltre 1,6 milioni di cittadini non cerca più un lavoro o è in cassa integrazione. Se vai a parlare con queste persone sono “incazzate nere” con la politica: non ne possono più di soffrire e pagare le tasse per mantenere il benessere di chi governa. Chiesa e Presidente della Repubblica, dinanzi all’evidenza, chiedono a bassa voce più rigore. I vari Lusi, Belsito, Fiorito si difendono sfoggiando tutta la loro arroganza, in fondo sono dalla parte della ragione: se si sono comportati così è perché qualcuno glielo ha permesso e/o altri prima di loro hanno fatto le stesse cose. “Mani pulite” non si è tradotta in un esempio di virtù e buona politica, paradossalmente sono gli stessi politici che chiedono: “La politica dev’essere più trasparente”. La coerenza non è una caratteristica dei nostri rappresentati. Napolitano ha firmato senza batter ciglio: lo scudo fiscale, legittimo impedimento, decreto salva-liste. Il nostro garante della Repubblica è un politico navigato: è stato eletto deputato nel 1953 e da quel momento la sua carriera non si è più arrestata. Perchè non ha mai trovato parole dure sugli sprechi di denaro pubblico, sui comportamenti immorali dei suoi colleghi? Anche lui gode di privilegi? Ebbene sì. In un video girato nel 2004 da una tv tedesca il giornalista chiede a Napolitano europarlamentare spiegazioni sui suoi voli low cost che vengono rimborsati per intero (l’esempio: spesa 90 euro, rimborso 800 euro, 710 “guadagno”) lui risponde stizzito: “Se non mi lasciate stare chiamo la polizia”. I cittadini comuni per sopravvivere devono contare sul loro stipendio qualsiasi altra entrata o immobile fa cumulo: viene tutto accuratamente tassato e non possono rispondere all’Agenzia delle Entrate: “Se non mi lasci vivere, chiamo la polizia”. In Italia ogni anno vengono evasi 120 miliardi di euro, ci sono soggetti sconosciuti al fisco e vivono benissimo.

Tornando a Napolitano, nel 1974 è stata varata la legge Mosca che ci costa svariati milioni di euro perché bastava una dichiarazione di un rappresentante di partito o del sindacato per aver diritto alla pensione (con tanto di arretrati a partire dal 1948). Fra coloro che beneficiano di una “pensioncina” (che si aggiunge alle altre ad es. da parlamentare): Armando Cossutta, Achille Occhetto, Franco Marini, Ottaviano Del Turco ed ovviamente Giorgio Napolitano. Tutto l’arco costituzionale sta attento a non parlare di questo miracolo parlamentare e l’Inps chiede indietro le quattordicesime a chi ha superato di qualche spicciolo il reddito minimo (8.000 euro). Il legislatore priva i cittadini dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione, mentre per se stesso solo benefici e privilegi con l’avallo di dirigenti, resi compiacenti con incarichi da milioni di euro.  Se il lavoro, la pensione, il salario erano diritti acquisiti e sono stati abrogati, allora dovrebbero essere eliminati anche i diritti acquisiti dalla casta. Se vogliamo incominciare a parlare di rigore, l’Inps dovrebbe chiedere indietro le pensioni delle 40mila persone beneficiarie della legge Mosca.

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La parola semplificazione mi fa pensare ad un’espressione algebrica da risolvere  con i numeri primi.  Il Governo vuole risolvere la crisi economica con il minor numero possibile di imprese e lavoratori. Ormai per le prime la scrematura si è compiuta senza: defiscalizzare, pagamenti certi e accesso al credito. Oggi, i tecnici sono convinti che per risollevare le aziende basti eliminare i costi sulla sicurezza. In questo periodo di recessione i piccoli imprenditori non possono permettersi di pagare esperti per garantire la sicurezza e la salute nelle loro imprese. Le grandi aziende invece hanno sempre avuto la possibilità di ometterle perché possono permettersi bravi avvocati (ad esempio per la morte sul lavoro di Antonio D’Amico morto nello stabilimento Fiat di Pomigliano il reato si è prescritto) Il Governo dei professori e banchieri ha inserito una serie di modifiche in materia di sicurezza sul lavoro nel pacchetto semplificazione da approvare nei prossimi giorni:

-riduzione della formazione e della sorveglianza sanitaria per i lavori “brevi”

-Eliminazione dell’obbligo di elaborare i dati aggregati sanitari di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria.

-Eliminazione del DUVRI e del coordinamento per lavori brevi

-Eliminazione del Documento di Valutazione dei rischi (DVR) per le piccole aziende e per quelle a basso rischio.
-Snaturamento del piano operativo di sicurezza e coordinamento per cantieri.

-Eliminazione degli obblighi relativi ai cantieri  per “piccoli” scavi.

-Eliminazione dell’obbligo di comunicazione degli infortuni alle autorità di pubblica sicurezza

-Eliminazione delle competenze delle autorità di pubblica sicurezza e della Procura della Repubblica in caso di infortuni

-Eliminazione da parte dell’Organo di Vigilanza di richiedere prescrizioni per nuovi luoghi di lavoro o di ristrutturazione di quelli esistenti.

-Deresponsabilizzazione dell’obbligo di notifica

La sicurezza sul lavoro è sempre un costo, mai un investimento: in periodi di crescita economica non si può parlare di infortuni perché è un argomento triste, con la crisi, men che mai, è un costo da tagliare per risparmiare. Le statistiche ci dicono che nei cantieri edili avvengono il maggior numero di infortuni mortali, spesso i corpi vengono letteralmente buttati dove capita, altre volte l’infortunio sul lavoro si trasforma in incidente stradale. Il Governo si è impegnato a partorire la spending review perché nel tempo la politica ha gestito male i soldi pubblici. È chiaro a tutti che non si è trattata di una semplice mala gestione, ma intenzionalmente i soldi sono stati presi dalle tasche degli italiani per fronteggiare agli sfarzi della classe dirigente. Nel nostro Paese si parla ancora di rimborsi elettorali, dopo che il popolo italiano si è espresso, con un referendum, favorevole all’abolizione . Le piccole imprese sono sfinite dalla pressione fiscale, oltre il 70%, e solitamente devono rivolgersi a terzi per il Documento Valutazione dei Rischi. Un Governo interessato alla vita delle piccole imprese e dei lavoratori  avrebbe creato un fondo per rimborsare le spese per le consulenze sulla sicurezza, premiare le imprese che, dopo controlli, risultino sicure. Si preferisce semplificare tutto,  mentre  L’Inail, con i nostri soldi, continua a rimborsare alle famiglie delle vittime scarsi 2.000 euro di spese funerarie. Perché nessuno propone di investire 2.000 euro sulla sicurezza delle imprese? Dal 1° gennaio ad oggi i morti sul lavoro sono 910 se si considerano i lavoratori deceduti in itinere o sulle strade (dato preso dall’Osservatorio indipendente di Bologna), ma siccome dobbiamo fare i conti con i numeri primi i morti ufficiali sono meno della metà. La Repubblica fondata sulle semplificazioni.

 

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Ricorderete la campagna di UIL, CISL e UGL a sostegno del Modello Marchionne e delle deroghe al contratto nazionale. Rifiutare quella imposizione avrebbe comportato, a detta di tali sindacati, la chiusura degli stabilimenti Fiat e il disinvestimento produttivo in Italia.

Ma a pochissimi anni di distanza… gli investimenti non sono mai arrivati, concreta è la minaccia di chiusura delle fabbriche Fiat in Italia, con il ricatto occupazionale (allora come oggi), che ha prodotto i suoi effetti: seminare paura, rassegnazione, espellere dagli stabilimenti la FIOM e i sindacati di base, rafforzare lo strapotere del padrone sugli operai emarginando operai e delegati più combattivi

Un ragionamento analogo lo possiamo fare per l’Ilva. Anche a  Taranto UIL, UGL e CISL suonano la stessa musica e si ergono a difesa dell’occupazione sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini. Veniamo da decenni nei quali la salute e la sicurezza sono state merce di scambio con l’occupazione e avere abbassato la guardia in tema di prevenzione e sicurezza è servito ai padroni per non investire.

Invece di mettere al sicuro lavoratori, ambienti e processi produttivi, hanno tentato con ogni mezzo (legale e illegale) di salvaguardare il loro profitto portandosi dietro una lunga scia di morti e di lutti.

Chi oggi parla lo stesso linguaggio dei Riva (padroni dell’Ilva) è lo stesso che sposava la linea Marchionne, lo stesso che in questi anni ha ritenuto superflua la battaglia per la salute e la sicurezza accettando aumento dei tempi di lavoro, riduzione delle pause, intensificazione dei ritmi.

La questione della sicurezza (dei lavoratori e dei cittadini) va di pari passo con la difesa di interessi collettivi e di condizioni di lavoro e di vita dignitose

E’ una colossale bugia la notizia secondo la quale in Italia molte fabbriche sono state chiuse per intervento della ASL a seguito di richiesta di ottemperanza alle normative di sicurezza. E’ invece vero l’esatto contrario, ossia che gli interventi sono stati tardivi oppure non ci sono mai stati con il risultato di peggiorare ulteriormente la tragica statistica dei morti e dei malati. E’ accaduto alla Thyssen Krupp, alla Eternit di Casale Monferrato, ma anche in tantissimi altri piccoli siti produttivi.

Chi oggi non tutela la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro ha già svenduto diritti e tutele collettive, ha accettato deroghe ai contratti e imposizioni di ogni genere

La disinformazione è funzionale a salvaguardare i profitti aziendali e per raggiungere questo scopo si costruiscono campagne miranti a dipingere come terroristi e facinorosi gli operai e i cittadini che si oppongono.

Associazione Nazionale per la Sicurezza sul Lavoro Ruggero Toffolutti,Associazione Sicurezza sul Lavoro Know Your Rights!, CGIL Consorzio Comunico Firenze, Samantadipersio’s Blog, Sportello Sicurezza sul Lavoro COBAS Pisa e Pontedera, Cobas Empoli Valdelsa

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I lavoratori del gruppo Miss Sixty (Energie, Killah, Murphy&Nye e RefrigiWear) ormai presidiano ogni giorno la fabbrica sita a Chieti. Sono a rischio oltre 400 posti di lavoro, ad oggi non c’è nessuna notizia certa sulla sorte dell’azienda. Dall’ultimo piano industriale risultavano quasi duecento esuberi, i sindacati temono che ora siano molti di più. A maggio di quest’anno la Sixty è passata alla società d’investimento panasiatica Crescent HydePark, la quale ha sedi a Singapore e Shanghai (sarà un caso?). Quest’operazione avrebbe dovuto di rilanciare il gruppo italiano dopo il crollo del fatturato che in due anni è passato da oltre 500 a circa 300 milioni di euro. Sull’azienda pesa un debito di circa 300 milioni e ancora non è chiaro che accordo ci sia con le banche. Se si è arrivati a questo punto per i manager è colpa della crisi, ma qualcuno ha mai indagato sulla gestione? Gli operai parlano di una linea bijoux che, a detta loro, è stata un flop. Sono trascorsi quattro mesi dall’ingresso della nuova società, ma nessuno ha mai visto i proprietari e da marzo oltre cento operai sono in cassa integrazione, altri sono andati via prima “scegliendo” la mobilità. Ormai è cambiato anche il sito web, è molto scarno, quasi sciatto, in forte contrasto con un marchio di tendenza fra le giovanissime e non. Fino alla primavera di quest’anno la testimonial, con cachet segreto, è stata Belen Rodriguez, anche lei  licenziata perchè  altre modelle sono al suo posto. La soubrette, però, non era sul terrazzo dell’azienda a manifestare insieme agli operai e tanto meno è andata a trovarli nel camper dove presidiano. Di certo la Rodriguez non ha problemi di ricollocamento, per la sua professionalità  una trasmissione vale l’altra. Il 14 settembre è saltato l’incontro con le parti sociali al Ministero dello Sviluppo Economico. Oggi pomeriggio le sigle sindacali incontreranno il presidente della Regione Abruzzo (sembrerebbe poco informato sulla vicenda che da mesi interessa il territorio che amministra) e, forse, domani ci sarà l’incontro tanto atteso con i vertici di Governo.

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Oggi in Italia  c’è un dibattito sull’Euro che spacca: da  una parte economisti che chiedono l’uscita dalla moneta unica e dall’altra economisti  che preannunciano una catastrofe in caso di ritorno alla lira. Beppe Grillo e la Lega vorrebbero un Referendum antieuro per dare l’opportunità di scelta ai cittadini e sono convinti della vittoria. C’è un’altra alternativa che dal 2001 portano avanti quattro imprenditori bresciani: Silvio Bettini, Antonio Panigalli, Massimiliano Bontempi e Alessandro Rotondo per combattere la crisi, hanno mutuato un sistema svizzero, quello della Banca Wir che esiste dal 1934, un ritorno al baratto, tecnicamente moneta complementare. La mission, come si legge nel sito[1], di BexB (Business Exchange Business) è quella di riconsegnare alle imprese associate la liquidità e il potere d’acquisto necessari a rilanciare la produttività e di dare un nuovo impulso alle vendite delle stesse offrendo un’opportunità esclusiva che già negli U.S.A. rappresenta una realtà consolidata e di successo. Gli imprenditori associati al network BexB utilizzano uno strumento di pagamento complementare a quelli tradizionali: la Compensazione Multilaterale grazie al quale trasformano i propri acquisti a budget in vendite incrementali a nuovi clienti conosciuti grazie alla visibilità e alla promozione continua di cui beneficiano. Tutte le transazioni in compensazione sono assicurate contro il rischio d’insolvenza, non necessitano dilazioni di pagamento, permettono di risparmiare liquidità e di aumentare il fatturato: tutto ciò avviene grazie all’utilizzo di una specifica unità di conto, la Moneta Complementare EuroBexB, che misura il valore di beni e servizi scambiati nel circuito.Circa 2600 imprese in 160 settori utilizzano l’EuroBexB come unità di conto per acquistare beni e servizi necessari alla propria attività senza utilizzare denaro. Un esempio pratico. C’è l’azienda che produce imballaggi e che vuole rifare il tetto installando pannelli fotovoltaici. Bexb la mette in contatto con chi, iscritto al loro circuito, è in grado di fare l’intervento e poi si dà vita alla forma di compensazione. L’impianto fotovoltaico viene realizzato e lo scatolificio non solo non paga in denaro, ma si garantisce nuove vendite a nuovi clienti per importo pari all’acquisto effettuato in compensazione. L’azienda che ha installato il fotovoltaico vanta un credito nei confronti del circuito che compenserà con l’acquisto di prodotti e servizi necessari alla propria attività presso qualsiasi altro fornitore del circuito, senza pagare in denaro.In oltre 10 anni di attività sono stati intermediati oltre 200 milioni di Euro per circa 69.000 operazioni con un costante e progressivo trend di crescita interno. Ciò significa che sempre più aziende aderiscono e incrementano il proprio volume d’affari in EuroBexB. Per entrare a far parte del circuito bisogna sottoscrivere un “abbonamento” che a seconda del fatturato delle aziende varia tra i 1.300 e i 6 mila euro, se questa sorta di quota iscrizione garantisse l’uscita dalla crisi, chi non sarebbe disposto a pagarla?

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Piera Petrini Levo ha 53 anni, è figlia di un imprenditore, a sua volta è diventata imprenditrice per salvare l’azienda di famiglia. Salvarla da chi? Non dalla crisi, ma dalle banche che per tutelarsi le hanno fatto sottoscrivere, con l’inganno, derivati. Da quel momento sono cominciati i guai per la sua impresa ma la rabbia le ha permesso di portare avanti una battaglia contro coloro che la stavano facendo fallire.

La testimonianza di Piera: “Oggi la Nuova bb ha quattordici dipendenti e sei soci, la trasformazione in rsl e l’arrivo dei nuovi soci è contestuale ai problemi che abbiamo avuto con il sistema bancario. Nel 2000 mio padre ebbe dei grandi problemi di salute e decise di smettere di occuparsi dell’attività. Come tutte le persone che hanno creato la loro attività penso che mio padre fosse convinto che la sua creatura dovesse morire con lui. Lavoro in azienda dal 1979, da quando conseguii il diploma, perciò mi sono opposta con tutte le mie forze a questa sua decisione, litigando furiosamente. Ma fu irremovibile e ritirò le sue fideiussioni dall’istituto di credito primario, cioè il San Paolo. Questa decisione  provocò una catastrofe a catena perché in qualche modo le altre banche se ne approfittarono: il San Paolo mi revocò immediatamente gli affidamenti, quindi dovevo cercare delle alternative. Mi recai presso la Cassa di Risparmio di Torino, che era l’unica banca presente in paese. Fui subito molto sincera con il direttore della filiale, che consideravo un amico. Lui mi disse che non ci sarebbero stati problemi con la segnalazione fatta dal San Paolo sulla revoca dell’affidamento e con il ritiro delle fideiussioni che eventualmente  mio padre avesse fatto anche presso di loro. Quando arrivò il momento di rinnovare i fidi, il direttore si presentò in azienda con un’altra persona, che poi è stata rinviata a giudizio insieme a lui, e mi fecero sottoscrivere un contratto, con oggetto dei derivati, come condizione sine qua non per avere il rinnovo degli affidamenti. Il tutto mi fu descritto come un’assicurazione sui tassi a costo zero, come un privilegio nel caso in cui la direzione avesse scoperto il ritiro delle fideiussioni, cosa che poi non avvenne. A febbraio del 2001 notai dall’estratto conto il primo addebito, fra l’altro leggero, circa 900 mila lire.  Tutto quello che possedevo l’avevo già dato in garanzia, ero stata privata di tutto, mi sono trovata davanti ad un vera e propria estorsione. Il mio obiettivo era quello di riuscire a pagare i fornitori, i dipendenti, l’Inail, le tasse, senza i soldi della banca non avrei potuto farcela. Non potevo corrispondere ulteriori interessi oltre a quelli che già pagavo, chiamai il direttore della banca, che si presentò nuovamente da me e lui mi precedette dicendo: “Ci siamo resi conto che l’assicurazione così non va più bene perché abbiamo sbagliato i parametri e quindi dobbiamo farne un altro contratto, chiaramente per un l’asso di tempo e per un importo superiori” Sei mesi dopo capii di essere stata truffata perché nell’estratto comparivano due operazione di segno contrario, con valuta marzo, di 44 milioni di euro, ebbi  la prova che nel contratto sottoscritto qualcosa non andasse. Il Pubblico Ministero, il perito nominato dal tribunale e ben tre giudici hanno stabilito che quella transazione è il metodo per applicare il tasso di usura, mi fu applicato un tasso superiore al 28 per cento. Feci la prima contestazione formale nel mese di novembre quando ricevetti l’ennesimo addebito: telefonai in banca ed il direttore si fece negare, andai di persona e fece finta di non conoscermi. Tornai a casa molto adirata, scrissi una raccomandata di fuoco in cui esplicavo che avevo firmato un contratto legalmente valido ma probabilmente mi fu fatto sottoscrivere con l’inganno, inoltre non mi era stata consegnata la copia, (la ebbi dopo un anno mezzo dietro richiesta di un legale)

Intanto avevo enormi problemi di liquidità e poco lavoro. Io e mio marito, che nel frattempo eravamo rimasti soli perché mio padre non ne faceva più parte, dovevamo decidere se continuare o chiudere. Riunimmo i nostri collaboratori e chiedemmo a tutti se avessero portato avanti l’azienda con noi in società. Quando il lavoro ci consentì di essere un pochino più sereni, chiudemmo definitivamente i nostri rapporti con quella che nel frattempo era diventata l’Unicredit e iniziai  a studiare giorno e notte: il contratto che mi avevano fatto firmare, la giurisprudenza italiana, internazionale e quando coinvolsi Elio Lannutti[1], insieme, riuscimmo a far aprire un’inchiesta giornalistica da parte della Gabanelli e vennero avviate indagini presso varie procure italiane.  Il 26 aprile di quest’anno sono state rinviate a giudizio le persone che mi hanno fatto sottoscrivere derivati. La rabbia, la voglia di giustizia, per me e per gli altri, mi hanno spinta ad andare avanti anche da sola, mi sono sentita tradita da persone di cui mi fidavo in un momento in cui ero fragilissima perché stavo lottando per mantenere in vita un’azienda. Attraverso la rete ho scoperto che almeno altre 50mila persone hanno vissuto la mia stessa esperienza. Nonostante tutto la mia azienda è sopravvissuta e devo dire che l’aiuto di alcuni giornalisti è stato prezioso hanno pubblicato la mia testimonianza, scambiato informazioni.

Non c’è dubbio che la crisi sia stata causata dalle banche. La loro responsabilità è immensa e duplice. In qualche modo con i soldi facili hanno illuso tantissime aziende di potercela fare salvo poi incastrarle, metterle sotto pizzo con questo tipo di speculazioni. Inoltre non sono state in grado di esaltare una classe imprenditoriale per il merito: ci sono tantissime aziende che loro hanno fatto fallire perché non erano amici degli amici, perché non avevano una collocazione politica o un padrino.   Mentre si sono completamente dimenticate di dare fiato a chi in qualche modo lo meritava, non mi riferisco solo a me stessa, ho visto chiudere decine di aziende perché le banche non anticipavano i crediti certi, se non a tassi di usura. Quelli che ce l’hanno fatta hanno chiuso con le loro gambe, gli altri hanno portato i libri in tribunale. Nel mio caso uno degli illeciti che hanno commesso è stato proprio questo: non mi puoi fare un contratto a 5 anni su un fido di anticipo fatture auto liquidante entro 120 gg. Cosa mi stai comprendo con 5 anni? Mi piacerebbe tantissimo essere la vincitrice della prima sentenza di condanna dei due funzionari di banca, anche se non sono riuscita ad arrivare ai vertici, la mia vittoria  potrebbe aiutare tante procure d’Italia che stanno facendo questo tipo di indagine perché i derivati li hanno proposti la maggior parte delle banche. L’attuale Ministro Corrado Passera proviene proprio dalla banca che mi ha causato tanti guai, anche se contro Intesa San Paolo non ho potuto fare nulla perché avevano basato l’affidamento sul ritiro delle fideiussione di mio padre e questo non è illegale. Oggi Passera è indagato nella vicenda della Giacomini Spa,[2] mentre il sottosegretario alla Giustizia Zoppini[3] si è dovuto dimettere. Questa vicenda mi fa arrabbiare perchè  la Giacomini, un mio fornitore, ha esportato soldi esentasse in Lussemburgo, ad una sede del San Paolo, e poi sono stati messi a garanzia del San Paolo in Italia ad un prezzo che noi ci sogniamo di notte. Quindi per loro i soldi c’erano perché le indagini hanno accertato questo, ora bisogna stabilire se è stato commesso un reato o meno. A questo punto mi chiedo, come possiamo tollerare un Ministro che come amministratore delegato o si è reso responsabile o non sapeva ed era una marionetta in mano a qualcuno? In entrambi i casi chi non sa gestire una banca non può governare un Paese. Attraverso meccanismi diversi le banche sono state gli attori e gli artefici della morte delle piccole e medie imprese. Il problema è che la crisi non la pagano loro, ma i cittadini e la politica è coinvolta a 360 gradi perché o sono collusi o sono imbecilli e in entrambi i casi tutta questa classe politica va completamente azzerata.


[1] Presidente dell’Adusbef (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari, Finanziari, Assicurativi)

[2] Corrado Passera è indagato dalla procura di Biella per presunti reati fiscali che sarebbero stati commessi in quanto ex amministratore delegato di Banca Intesa prima e consigliere delegato di Intesa Sanpaolo dopo la fusione con l’istituto torinese. I fatti sono relativi al periodo compreso tra il 4 agosto del 2006 e il 27 giugno del 2007 e le contestazioni riguardano un’operazione detta di arbitraggio fiscale internazionale transitata attraverso Biverbanca, istituto biellese all’epoca controllato da Banca Intesa e poi ceduto al Montepaschi. 30 giugno 2012 http://www.lastampa.it oltre 200 milioni di euro volati negli anni dall’Italia verso il paradiso fiscale del Granducato. Per un paio di procure del Nord Italia, quella di Verbania e quella di Milano, il capo della Seb avrebbe avuto un ruolo non marginale nella colossale frode fiscale di cui è accusata la famiglia Giacomini, titolare dell’omonima grande azienda piemontese, tra i leader mondiali nel settore delle rubinetterie, con oltre mille dipendenti. Secondo la ricostruzione dei pm di Verbania, il capo della procura Giulia Perrotti e il sostituto Fabrizio Argentieri, i soldi evasi al fisco dai Giacomini sono finiti per la quasi totalità su conti della banca lussemburghese di Intesa. Ma c’è di più. La Seb di Lussemburgo non solo custodiva il tesoro dei Giacomini, ma lo gestiva attraverso propri fondi e all’occorrenza ha prestato somme ingentissime alla famiglia. Insomma, un servizio completo. 7 luglio 2012 http://www.ilfattoquotidiano.it

[3] Guardia di Finanza e Carabinieri sono al lavoro per scoprire la destinazione finale dei flussi di denaro. Ieri perquisizioni si sono svolte in Marocco e Lussemburgo e, con altri obiettivi, anche nell’ufficio del senatore della Lega Enrico Montani. Gli inquirenti sospettano che Giacomini lo abbia corrotto al fine di ottenere, a Palazzo Madama, l’approvazione di agevolazioni fiscali per il settore dei prodotti industriali. Ipotesi negata dal senatore: «Nessuna promessa, né dazione di denaro». Insieme a Zoppini sono circa un ventina le persone iscritte nel registro degli indagati. Secondo l’accusa, rispetto alla quale Zoppini si è detto certo di poter «chiarire ogni aspetto che mi riguarda», l’ex sottosegretario del governo Monti avrebbe aiutato i titolari della Giacomini Spa a realizzare la frode fiscale internazionale con una consulenza per la quale il giurista – titolare della cattedra di diritto privato all’università di Roma Tre – sarebbe stato ricompensato, secondo le ipotesi formulate dai magistrati piemontesi, con 800mila euro in nero su conti esteri. Due giorni fa è stato lo stesso Zoppini a rivelare di essere stato raggiunto da un’«informazione di garanzia» per frode fiscale e dichiarazione fraudolenta. 17 maggio 2012 http://www.liberoquotidiano.it

[4] Il gup di Milano Maura Marchiondelli ha rinviato a giudizio Alessandro Profumo, ex ad di Unicredit, e altre 19 persone con l’accusa di frode fiscale. Il caso riguarda una maxi evasione fiscale messa in piedi da Unicredit e dalla banca inglese Barclays per 245 milioni di euro, attraverso un’operazione di finanza strutturata chiamata Brontos. I due istituti, secondo l’accusa, con l’aiuto di due società inglesi e lussemburghesi, avrebbero camuffato utili facendoli passare per dividendi, quindi soggetti a una aliquota fiscale più bassa. 5 giugno 2012 milano.corriere.it

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