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Archive for the ‘terremoto’ Category

natale2Il tempo trascorre e nessuno lo può fermare. Si arresta solo per chi non c’è più.

Mancano i volti, i sorrisi, le voci, nelle abitazioni, nelle strade, nelle piazze. Bisogna aspettare l’evento per riempire le vie, ma in alcuni casi non c’è nessuno evento che possa riportare la vita.

Mancano le idee, i progetti, una politica costruttiva, la ricostruzione delle abitazioni, la ricostruzione sociale. Manca la città, quella vivibile, quella a portato di uomo. Manca la normalità, quella che c’è in tutte le altre città e lo scopri ogni volta che percorri un marciapiede con vetrine, persone che guardano, commentano.

Riccardo, 16 anni, esce il sabato sere e commenta: “Questa città mi va stretta”, a tanti è andata stretta: L’Aquila ha sempre offerto poco, ma oggi non offre nemmeno un corso principale illuminato. Laura, 36 anni, ogni volta che lascia la città sente una sensazione di liberazione, leggerezza, tornare… tornare a volte è impossibile e, a volte, è difficile andare via per sempre. Ma viverci dà la sensazione di trovarsi in un set di un film horror, senza effetti speciali. Con l’avvicinarsi dell’anniversario del terremoto è impossibile non ricordare, ed è avvilente vedere la farsa della commemorazione con coloro che promettono ogni anno, con le stesse parole, con lo stesso sguardo, ma per 364 giorni, pur avendo la possibilità, non fanno nulla di concreto.

Mancano la piazza, il mercato, le grida del fruttivendolo, il parcheggio in doppia fila, fischiettio di rimprovero del vigile. È stato spostato tutto, ma ciò che nasce in un luogo, se viene estirpato, non sempre attecchisce in un altro posto.

Marco non è mai più tornato in centro: “Non c’è niente, che vai a vedere? Le impalcature? Quello che non c’è? Il vuoto? Il silenzio? Il buio?” Donatella invece per non perdere l’appartenenza vorrebbe tornarci il più possibile.

Sono sensazioni, stati d’animo, impressioni che si hanno dopo 5 anni senza…. L’Aquila

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iuratoIl terremoto del 6 aprile 2009 ha cambiato la vita agli abitanti di un’intera regione e non solo. Da quasi quattro anni ci sono genitori che non possono abbracciare più i loro figli, nonni che non hanno conosciuto il nipote che sarebbe nato di lì a pochi giorni, figli che non  possono più vedere i sorrisi dei loro genitori. Ognuno di loro si porta dentro dei rimorsi: “E se non avessi dato retta alla televisione, e se non avessi dato retta alla Commissione grandi rischi, e se avessi dormito in macchina…” Se fosse andata così, probabilmente le vittime del terremoto non sarebbero state 309. Gli studenti del Convitto, quelli della Casa dello studente, quelli che abitavano in case fatiscenti e quelli che abitavano in case nuove, ma costruite in virtù di leggi: speriamo che non accada nulla, sarebbero tutti ancora qui a costruire il loro futuro. Invece non è andata così, ed ogni anno il 6 aprile si tiene una fiaccolata per non dimenticare… per non dimenticare che Silvio Berlusconi ci ha fatto una campagna elettorale con il terremoto di L’Aquila, ci ha fatto lavorare imprese in odore di mafia, ha riconfermato quel sistema italiano basato su corruzione, mazzette, rapporti amicali e clientelari. Per non dimenticare che alle 3 e 32 c’era chi moriva schiacciato dal peso delle macerie, dalla polvere del cemento e chi si sfregava le mani perché da quelle macerie, da quella polvere ne avrebbe tratto beneficio. Per non dimenticare che gli appalti si spartivano fra un massaggio e l’altro nel Salaria sport village mentre agli aquilani stavano per appioppare un progetto C.A.S.E. che dal giorno dopo avrebbe incominciato a sgretolarsi. Per non dimenticare che gli isolatori sismici non sono stati testati e c’è un processo incorso. Per non dimenticare che la magistratura sta portando avanti le inchieste sulle responsabilità dei massimi esperti di terremoto che hanno rassicurato. Per non dimenticare che non è la scienza che si processa, ma un sistema basato su coperture reciproche. Per non dimenticare che la magistratura sta portando avanti le inchieste sui responsabili dei crolli affinchè non siano coloro che ricostruiranno la città.  Per non dimenticare che c’è un centro, una periferia dove la case sono ancora come il 6 aprile 2009. Per non dimenticare che l’ex Prefetto Gabrielli apostrofava il popolo delle carriole come cialtroni perché si ribellava ad un’informazione falsa. Per non dimenticare che dopo Gabrielli è stata inviata la Iurato, indagata per il suo operato a Napoli, e questa finse commozione di fronte ai morti, non del terremoto, ma della responsabilità umana.

Alla prossima fiaccolata potrebbero venire tutti coloro che hanno guadagnato sorrisi dal terremoto, magari, questa volta, una risata potrebbe toccare agli aquilani.

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In questi giorni la sentenza di primo grado, che condanna i sette membri della Commissione Grandi Rischi a 6 anni, è stata oggetto di critiche. Non sarebbe possibile condannare la scienza. Come al solito la stampa quando si parla del terremoto di L’Aquila fa sempre un po’ di confusione: tempestività dei soccorsi, ricostruzione della città, scienziati condannati ingiustamente. Le prime due sono state ampiamente smentite, per l’ultima affermazione riporto alcune testimonianze del libro “Ju tarramutu. La vera storia del terremoto in Abruzzo” uscito ad ottobre 2009:

Giustino Parisse, giornalista che ha perso due figli: «Aspettavamo il risultato della riunione del 31 marzo con la Commissione grandi rischi, il sindaco, gli assessori. Il giornale aveva preparato un paginone con il numero delle scosse, l’intensità, quando e dove c’erano state. Loro dissero: “E’ tutto a posto!”. Ora si scoprono le varie faglie, compresa quella di Paganica che non era stata studiata molto. Gli esperti dovevano dire che questo sciame sismico può presupporre una forte scossa. se state in una casa in cemento armato: potete stare abbastanza tranquilli; in una casa in pietre: fate attenzione. Se io fossi stato messo in allarme in quel modo, forse mi sarebbe venuto in mente di uscire fuori, di dormire in auto. Come operatore dell’informazione venivo informato male, e di conseguenza informavo male. Il paradosso è che la prima vittima sono stato io.»

Gaetano De Luca, fisico del Dipartimento di Protezione Civile: «Nel 1999 con molte difficoltà interne decidemmo di rendere pubbliche queste conoscenze. La nostra (mia e dell’ing. Giovanni Dongiovanni) intervistafu pubblicata dai giornali locali. In Italia ci sono due “banalità: il geologo dice che in Italia abbiamo un’alta pericolosità sismica (ma non ci serve lui, ce lo dice la storia) e l’ingegnere diche che abbiamo tantissimi centri storici con alta vulnerabilità (ma non ci serve lui, abbiamo u patrimonio antico è normale che lo sia) noi aggiungevamo il fattore 10. Quindi bisognava pensare a mettere in sicurezza il centro storico. Il mattino seguente, sul mio tavolo c’era una lettera di censura, non dovevo dire quelle cose e incominciò il mobbing nei miei confronti: mi furono tolti tutti gli strumenti per poter lavorare»

Maurizio Aloisi, cittadino aquilano: «Non si può vivere in un Paese dove non si fa prevenzione, dove si sottraggono risorse al soccorso pubblico, ai Vigili del Fuoco sotto organico con turni massacranti e mal pagati. In una condizione del genere ci si aspetta, da chi è deputato a governare, di organizzare dei piani di soccorso in caso di terremoto, ma soprattutto di informare e non nascondere ai cittadini il pericolo che corrono.»

Luigi Idrofano, Vigile del Fuoco in servizio la notte del 6 aprile a L’Aquila: «La gente ci chiedeva che cosa dovesse fare, se rientrare o rimanere all’aperto in piazza; ciò mostrava l’inesistenza di una pianificazione, adesempio campi base, che purtroppo non sono di nostra competenza. Non abbiamo mai detto: “Rientrate in casa, perché non succederà niente!”»

Claudio Martinazzo, medico dell’ospedale San Salvatore: «Nessuno ha dato mai notizie su quello che dovevamo fare, sulle cose pratiche, questo lo dico come medico  non come cittadino. Non avevamo un piano di evacuazione e non abbiamo mai fatto esercitazioni in caso di terremoto, incendio. Se la scossa fosse stata in piena giorno nessuno avrebbe saputo come comportarsi.»

Antonietta Centofanti, zia di Davide Centofanti morto nel crollo della Casa dello studente. «Nei mesi precedenti al 6 aprile se avessimo avuto al Governo delle persone responsabili si poteva e doveva tener conto dello studio di Abruzzo Engineering. Nel 2004 aveva segnalato una serie di edifici strategici e scuole a rischio di sisma. Questo studio, pagato cinque milioni di euro, è rimasto nel cassetto.»

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Ad ogni tragedia parte lo spot per mandare sms ai disgraziati di turno. L’Aquila fa da apripista il 6 aprile 2009, e con le donazioni degli italiani vengono raggiunti quasi 66 milioni di euro. In molti ci siamo chiesti che fine avessero fatto? Quei soldi erano stati inviati perché le immagini di distruzione, lacrime, gente senza niente, avevano fatto il giro del mondo. Ogni donatore spera di aver contribuito per un pezzo di tetto, un campanile, una trave di una fabbrica, al laboratorio per le analisi. Invece, il dubbio torna a galla oggi perchè si chiede nuovamente di donare con un sms agli emiliani, anche loro senza più un’attività, fuori di casa ed evidentemente spaventati. Ma stavolta la stampa è meno imbavagliata rispetto a tre anni fa, ed esce fuori che quei una parte di quei soldi (cinque milioni) la Protezione Civile li ha donati a Etimos Foundation . Etimos Foundation da più di vent’anni raccoglie risparmio e lo gestisce investendo nei Paesi in via di sviluppo, a sostegno di programmi di microcredito, cooperative di produttori, iniziative microimprenditoriali e organizzazioni di promozione sociale. Come sta gestendo i 5 milioni lo fa sapere esattamente dopo 38 mesi attraverso il suo sito: “iniziative di microcredito e microfinanza”: 

  •  reddito solidale per famiglie importo massimo 10.000 euro, durata massima 60 mesi, tasso IRS di riferimento +2,5% (tasso fisso per tutta la durata del finanziamento), nessuna spesa di istruttoria. 
  • Mutuo chirografario per imprese e cooperative importo massimo 50.000 euro, durata massima 60 mesi, tasso IRS di riferimento +2,5% per durate superiori ai 18 mesi, Euribor a 3 mesi + 2,5% per durate inferiori ai 18 mesi (tasso fisso per tutta la durata del finanziamento), nessuna spesa di istruttoria. 
  • Anticipazione crediti per imprese e cooperative importo massimo 50.000 euro, tasso Euribor a 3 mesi + 2,5% (tasso fisso per tutta la durata del finanziamento), nessuna spesa di istruttoria.

Tutte queste notizie sono presenti nel sito http://www.microcreditoabruzzo.it, quindi la trasparenza c’è. Ma le intenzioni del donatore sono differenti, manda aiuti affinchè vengano realmente distribuiti ai cittadini bisognosi. Nessuno avrebbe mai pensato che quei soldi generassero, seppur minimo, un interesse per qualcuno. Comunque allo scadere dei 9 anni, previsti per il progetto, l’importo non erogato verrà restituito alla Regione Abruzzo, che potrà scegliere liberamente come utilizzarlo a favore della popolazione. Forse è solo questione di tempo! Per ora è meglio recarsi sul posto per  avere la certezza che il proprio aiuto vada a buon fine.

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Il terremoto è una situazione di emergenza. E la legge prevede a carico del datore di lavoro e dei dirigenti di qualunque azienda obblighi specifici per la gestione di qualunque forma di emergenza, compreso i terremoti.

Visto che evidentemente c’’è molta disinformazione e tale proposito (e l’’ informazione secondo obbligo di legge la dovrebbero garantire datori di lavoro e dirigenti), voglio ricordare ai lavoratori e ai cittadini quanto segue.

L’’ articolo 18 del D.Lgs.81/08 impone come obbligo penale per datore di lavoro e dirigenti di:

–        designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;

–        adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

–        astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

–        adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato: tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda o dell’unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
L’’ articolo 43 del Decreto prevede poi come obbligo penale per datore di lavoro e dirigenti di:

–        organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza;

–        designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;

–        fare sì che i lavoratori addetti alla gestione delle emergenze siano formati, in numero sufficiente e dispongano di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell’azienda o dell’unità produttiva;

–        informare tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;

–        programmare gli interventi, prendere i provvedimenti e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;

–        adottare i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili;

–        astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.

Infine l’’articolo 44 del Decreto definisce chiaramente i diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato:

–        il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa;

–        il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.

Quindi i lavoratori devono pretendere da datore di lavoro e dirigenti che:

–        esista e sia a conoscenza di tutti i lavoratori (anche gli esterni) dell’ azienda il documento formale “Piano di emergenza”, comprendente anche le procedure e le misure di comportamento (cosa fare e cosa non fare) in caso di terremoto;

–        siano designati i responsabili e gli addetti alla gestione dell’ emergenza, che devono gestire e coordinare tutte le azioni da intraprendere in caso di terremoto;

–        sia possibile abbandonare il posto di lavoro in condizioni di sicurezza;

–        non venga richiesto di rientrare nei luoghi di lavoro, se non dopo aver accertato tramite i Vigili del Fuoco o la Protezione Civile la sicurezza dei fabbricati, anche in vista di ulteriori scosse.

Anche nel caso di mancanza di una organizzazione aziendale della sicurezza, in caso di terremoto, i lavoratori devono:

–        al termine delle prime scosse (in cui devono pensare a ripararsi sotto tavoli, architravi, strutture portanti), anche se nessun responsabile dà l’ ordine di evacuazione, abbandonare immediatamente e senza indugi il fabbricato e portarsi a distanza di sicurezza (almeno 50 metri dallo stesso e da altri fabbricati;

–        se non fanno parte delle squadre degli addetti alla gestione dell’ emergenza, non prendere nessuna iniziativa, ma pensare solo ad abbandonare (dopo le prime scosse) il posto di lavoro senza indugio e senza nessuna preoccupazione per danni a macchinari o beni aziendali;

–        se fanno parte delle squadre degli addetti alla gestione dell’ emergenza, eseguire le azioni previste nel Piano di Emergenza, secondo la formazione ricevuta, ricordando comunque che non sono né Vigili del Fuoco, né infermieri professionisti;

–        se il fabbricato ha subito danni anche lievi (crepe, vetri rotti, distacchi di intonaco, evidenti inclinazioni o flessioni delle strutture portanti, ecc.) non rientrare all’ interno dello stesso, nemmeno se lo chiede il capo o il datore di lavoro, a meno che non vi sia autorizzazione formale (scritta) da parte dei Vigili del Fuoco o della Protezione Civile;

–        nel dubbio richiedere sempre l’ intervento dei Vigili del Fuoco o della Protezione Civile e non fidarsi di rassicurazioni generiche e non sopportate da fatti evidenti.
Visto che ormai terremoti importanti stanno interessando anche zone nel passato dichiarate non pericolose, i lavoratori, anche tramite i propri Rappresentanti per la Sicurezza (RLS) devono richiedere nell’ immediato futuro al datore di lavoro di certificare l’ ‘idoneità dei luoghi di lavoro da un punto di vista strutturale (non necessariamente secondo la normativa antisismica, se non applicabile, ma secondo le leggi comunque vigenti e le norme applicabili, anche in zone classificate ufficialmente come non sismiche) e altrimenti devono pretendere che essi vengano peritati da enti o professionisti abilitati e richiedere i risultati della perizia.

Marco Spezia

 

 

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Ci sono alcuni principi che regolano la Pubblica Amministrazione: efficacia, efficienza ed economicità a quest’ultimo si può estendere il principio di trasparenza, infatti la legge 15 del 2009 all’articolo 4, sesto comma, prevede: “La trasparenza costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.” Nel successivo comma si legge: “Ai fini del comma 6 la trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione su siti internet delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni,  degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati delle attività di misurazione e valutazione svolta in proposito degli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità

La successiva legge 69 del 2009 dispone che l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Nell’articolo 32 per l’eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea dispone che a far data dal 1º gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati.

In Abruzzo, nei comuni interessati dal terremoto, ogni amministrazione comunale applica la normativa  a discrezione, soprattutto se si tratta delle somme liquidate a seguito del sisma, ecco alcuni esempi:

Comune di Poggio Picenze, Cagnano Amiterno (non è possibile accedere all’archivio storico dell’albo pretorio): sono presenti gli oggetti delle determine ma non esiste nessun documento consultabile come è visibile da qui: albo pretorio 2012

Comune di Barisciano, Navelli (non è possibile consultare lo storico dell’albo pretorio)

Comune di Arsita (Te),  mancano i documenti sulle liquidazioni dei contributi acconto liquidazione finale contributo per la riparazione di immobile danneggiato

Comune di San Pio delle Camere questo è il pdf allegato alla voce contributi erogati riparazione immobili: contributi concessi riprazioni immobili danneggiati sisma anno 2011

Il caso più curioso è quello del comune dell‘Aquila, il pdf del documento è presente, ma una volta aperto compare una scritta: IL TESTO INTEGRALE DELLA DETERMINAZIONE PUO’ ESSERE RICHIESTO, A NORMA DELLA L. 241/1990
ARTICOLI 22/23/24/25, PRESSO GLI UFFICI COMPETENTI, I CUI INDIRIZZI E RECAPITI SONO DISPONIBILI SUL SITO
ISTITUZIONALE DEL COMUNE http://www.comune.laquila.it.\

Ovviamente non si tratta di una cosa impossibile, il comune di San Demetrio ne’ Vestini riepiloga i contributi erogati in una semplice tabella: elenco istanze contributi


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L’Aquila ha subito vari terremoti nella sua storia, molti dei quali distruttivi.
Il primo terremoto di cui si ha notizia risale al 13 dicembre1315, le scosse si perpetrarono per quattro settimane, provocando numerose vittime. Gli aquilani vissero all’aperto o sotto rifugi di fortuna in pieno inverno.
Il 13 aprile 1348 si ebbe un sisma che causò lievi danni.
Un terremoto devastante, invece, si verificò il 9 settembre 1349: anche in quella occasione vi furono molti danni e le vittime furono circa 800, (le cronache dell’epoca riportano lunghi tratti della cinta muraria caduta o sbrecciata). La nube di polvere che gravò sulla città per lungo tempo impedì le ricerche dei sopravvissuti sepolti dalle macerie.
Nel 1456 un nuovo terremoto colpì L’Aquila nel suo periodo di massimo splendore. Si registrarono vittime e danni.
Un terremoto ben più devastante si ebbe il 26 novembre 1461 con una intensità pari al 6,4 (scala Richter) successivamente alla scossa principale vi furono altre scosse che si protrassero per due mesi.
Il 2 febbraio 1703: terremoto della Candelora. (Per molti aspetti  ricorda quello del 2009). Le cronache dell’epoca  narrano che nell’ottobre del 1702 iniziò un lungo sciame sismico che durò  per diversi mesi. La popolazione aquilana passò per paura l’inverno dentro rifugi di fortuna. Dopo che per un certo numero di giorni non si avvertirono più le scosse, per ringraziare la fine dello sciame sismico molti cittadini aquilani (ognuno del proprio borgo o quarto) si ritrovarono nelle chiese ai vespri,  quando avvenne la forte scossa pari al 6.7 gradi della scala Richter, vi furono tremila morti; solo nella chiesa di San Domenico quasi ottocento e oltre seimila durante il corso dell’anno. Vi furono molti danni, quasi tutte le chiese e i palazzi riportarono danni significativi, se non rasi al suolo. Le persone sopravvissute abbandonarono la città ritenuta poco sicura.
Vi furono altri terremoti nella storia di L’Aquila molto meno distruttivi dei precedenti, quello che devastò la Marsica, il 13 gennaio del 1915, provocò danni anche nel capoluogo, ma solamente ai palazzi del centro storico.
Il 6 aprile 2009 ore 3.32: la grande scossa. Erano ormai mesi che gli aquilani avvertivano scosse di terremoto, fin dall’ottobre 2008, e con il passare dei mesi si erano intensificate. Che L’Aquila sia una città sismica ad alto rischio ce lo dice la storia:  è stata distrutta ben tre volte dalla sua origine, era il “terremoto amico” che avvertiva, quasi  supplicava di intervenire, di fare qualcosa. Le autorità preposte però, non prendevano provvedimenti, un silenzio assordante quasi come il terremoto. Un cittadino si aspetta  che chi ha mandato a rappresentarlo si preoccupi di lui, della sua sicurezza.
Non si può vivere in un Paese dove non si fa prevenzione, dove si sottraggono risorse al soccorso pubblico, ai Vigili del Fuoco (sono gli unici per capacità e professionalità) sotto organico con turni massacranti e mal pagati. In una condizione del genere ci si aspetta, da chi è deputato a governare, di organizzare dei piani di soccorso in caso di terremoto, ma soprattutto di informare e non nascondere ai cittadini il pericolo che corrono.” Introduzione di Maurizio Alosi al libro “Ju tarramutu” uscito ad ottobre 2009 ben prima delle intercettazioni che dimostrano l’incapacità di svolgere il ruolo ricoperto da Guido Bertolaso. Il medico, ex Capo della Protezione Civile, definì lo sciame sismico del 2009  normale, lo si evince da queste intercettazioni che risalgono al 30 marzo 2009, giorno in cui ci fu la scossa più forte fino a quel momento. Il giorno dopo a L’Aquila si riunì  la Commissione Grandi Rischi, composta da esperti di terremoti e non da medici, che ripetè le parole di Guido Bertolaso.

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A noi aquilani sono arrivati una valanga di insulti, siamo stati tacciati di essere dei piagnoni ai quali non andava bene nulla, non eravamo meritevoli delle case che in Irpinia sognano ancora, ci hanno augurato trent’anni di container invece di chiedere trasparenza sul denaro che arrivò per il terremoto del 1980: 63mila miliardi di lire. A L’Aquila  è certo  che denaro non è arrivato, quel poco se lo sono spartito fra stato, politici, amministratori, imprenditori e perfino la Curia. Il decreto Abruzzo prevedeva una parte di entrate per la ricostruzione tramite giochi, dopo oltre due anni lo stato è debitore per più di un milione di euro e il Presidente del Consiglio, attaverso una società creata ad hoc per giochi on line, deve ai terremotati 14 miliardi di euro. Ma in questo Paese si sa, lo stato fa prima a prendere che a dare, e allora chiede indietro le tasse che erano state sospese nel 2009 e parte del 2010 (fino a luglio). Per gli aquilani niente sconti, devono restituire il 100 per cento, a differenza dei terremotati Umbria e Marche che hanno restituito il 40 per cento dopo 10 anni. Tredici, delle centoventi rate, lo Stato le vuole subito, entro dicembre 2011.

La provincia de L’Aquila non è esente dalla crisi economica che caratterizza l’intera nazione, ma a questo si aggiunge il terremoto. In realtà tutti ci aspettavamo qualcosa di diverso, dove c’è distruzione bisogna ricostruire, quindi c’è lavoro. Ma nessuno aveva fatto i conti con il Governo, nonostante i personaggi avevano un curriculum di 15 anni di esperienze i politici locali si sono calate le braghe. Però la dittatura non dev’essere dichiarata per viverla, bastava osservare quello che è accaduto e accade. Quando le decisioni arrivano dall’alto, senza rispettare il principio democratico di poter scegliere, dovrebbe essere tutto chiaro. Il progetto C.A.S.E. ce lo cuciono addosso. Sindaco e Bertolaso decidono quali terreni espropriare, stando attenti a non sottrarre proprietà a Chiesa e baronie, ed ecco qua che il risultato sono nuove costruzioni ciò che desiderava la coppia Berlusconi/Bertolaso. I primi favori sono stati restituiti ai fedelissimi: la cricca delle intercettazioni si aggiudica appalti milionari. I secondi favori sono stati restitui con appalti alla criminalità organizzata: mafia, camorra e ‘ndrangheta. Mentre il miracolo della ricostruzione fa il giro del mondo tramite i mezzi d’informazione di proprietà o controllati dal Presidente del Consiglio L’Aquila è ancora zona off limits presidiata dall’esercito. La ricostruzione delle case di proprietà una chimera.

Agli aquilani non resta che chiudere bottega oppure elemosinare un subappalto del subappalto. Ironia della sorte, nella provincia dell’Aquila il tasso di disoccupazione, di lavoratori in cassa integrazione e mobilità è il più alto d’Italia. Non a caso qualcuno rideva alle 3.32 e qualcuno moriva, qualcuno pensava alle tasche gonfie e qualcuno perdeva la casa, qualcuno viene indagato, messo velocemente ai domiciliari e infine prosciolto e qualcuno aspetta una lenta giustizia. Morale della favola Berlusconi ha preso tutto ciò che poteva prendere, senza dare nulla, nemmeno l’elemosina, perchè ben presto i teremotati dovranno restituire  anche il soldi del progetto C.A.S.E., senza distinzione fra chi era in affitto e chi aveva una casa di proprietà e pagava un mutuo. E li chiamavano aiuti….

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L’Aquila lo sanno tutti è stata ricostruita perchè c’è stato un terremoto. Secondo mister B. almeno fino alla fine di ottobre 2009  eravamo tutti nelle tende o negli alberghi. Poi ci sarebbe stato il miracolo delle New town. Oggi ancora più di 35.000 persone sono fuori casa. Allora anche per uno che ha sempre avuto insufficiente a matematica, i conti non tornano. Se fosse stato tutto ricostruito, saremmo tutti nelle nostre abitazioni. Ma delle nostre abitazioni, insieme alle macerie restano le bollette! Non ci sono sconti per nessuno: pensionati, disoccupati, cassintegrati stanno ricevendo le fatturine da migliaia di euro. Ma come si fanno a calcolare i consumi ad esempio del gas che è stato tolto dal 6 aprile 2009? E’ tutto presunto, come si può notare nella bolletta.

L’unica cosa certa: gli aquilani devono pagare, o aspettare le elezioni dell’anno prossimo qualcuno potrebbe dire: “Niente tasse per gli aquilani”

-questa famiglia prima del terremoto pagavabollette fra i 300 e i 400 euro-

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Berlusconi ci violenta tutti i giorni, con insulti e termini da bettola con una sinistra che risponde (se risponde) con i fiori di camomilla. La magistratura è un cancro, la televisione pubblica fa schifo, le mignotte sono meritevoli di governare il Paese, i rifiuti di Napoli non sono un problema di Governo ma del comune, il sindaco de L’Aquila è un incapace, ecc ecc. Una violenza verbale e fisica, basta pensare ai contestatori che vengono allontanati e picchiati con l’opposizione che tace e fa spallucce se viene incentivata a fare qualcosa! que se vayan todos

Intervento a Crotone, attacco ai Pm

l’incapacità del sindaco Cialente di sinistra sulle macerie

Attacco al dibattito su la7 perchè una tv non sua o influenzata da lui parla delle sua mignotte

i rifiuti di Napoli non sono un problema del Governo e nessuno può interromperlo

da Vespa le telefonate durano un po’ di più e può andare a ruota libera senza che nessuno risponda alla sua violenza perchè il Lodo Alfano Berlusconi non passò

attacco a Santoro, alla tv pubblica

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